di matrimoni felici

giovedì 30 dicembre 2010

Pubblicato da Lydia 35 commenti


La minestra maritata (maritata nel senso che carne e verdure si sposano felicemente in questa zuppa) è un piatto tradizionale della cucina campana.
Come per tutti i piatti della tradizione potremmo aprire un dibattito e constatare che ognuno la fa in modo diverso, usa verdure e carni differenti e si considera depositario dell'unica e sola ricetta originale.
Per la minestra maritata la situazione è ancora più complessa, perchè il dibattito potrebbe allargarsi e potremmo discutere per ore su quando si prepara.
Nella mia famiglia è una tradizione tutta natalizia, ma non manca chi la prepara per Pasqua, chi la porta in tavola sia a Pasqua che a Natale e chi addirittura la prepara il 16 agosto.
Pare che a Monte di Procida si mangi tradizionalmente il giorno successivo a quello della Madonna Assunta (15 agosto), santa patrona del luogo.
In realtà la minestra maritata era il piatto ricco, quello che doveva saziare, quando ancora non eravamo un popolo di mangiapasta, quando ancora eravamo dei semplici mangiafoglie.
Questa è la ricetta preparata quest'anno da mia madre.
La nostra è una versione abbastanza light, gli ingredienti caratterizzanti sono quella sorta di bietina chiamata "menestella" che vedete far bella mostra di sè in foto, e le salsicce di interiora (siete pregati di non strocere il naso, grazie), ma c'è chi utilizza altre verdure ed aggiunge cotiche, lardo, osso di prosciutto, cappone o gallina.

Colgo l'occasione per augurare a tutti voi un felice 2011.
Sarò in Marocco fino al 9 gennaio, la settimana prossima sarete completamente nelle mani di Roberto.



MINESTRA MARITATA

Preparare un brodo di carne con:
2 salsicce di interiora (altrimenti dette pezzentelle)
3 tracchiolelle (puntine per i non napoletani)
500 g. di manzo
odori (1 carota, 1 gambo di sedano, mezza cipolla)

Mettete in una pentola gli odori e la carne e fatele cuocere per circa un paio d'ore.
Ricordatevi di schiumare il brodo al primo bollore.
Tirate sù la carne, tagliatela a pezzetti o sfilacciatela quando lo consente, tenetela da parte ed eliminate gli odori.
Aspettate che il brodo si raffreddi e sgrassatelo.

Per le verdure
circa 3 kg di verdure miste composte da: menestella (bietina) scarulelle e cicoria

Lessare molto al dente e in pochissima acqua le verdure mondate e lavate.
Scolatele e fatele sgocciolare bene.
Tagliatele (ma non sminuzzatele) e finite di cuocerle nel brodo insieme a del caciocavallo secco grattugiato, per una mezz'ora circa (o comunque il temponecessario per insaporirsi), unite la carne a pezzi e controllate di sale

l'eclissi di luna da Gennaro

lunedì 27 dicembre 2010

Pubblicato da Lydia 23 commenti

Pare che la serata del 21 dicembre 2010 per molti sia stata memorabile, causa una eclissi di luna totale durante il solstizio d’inverno, pare che una cosa del genere avvenga ogni 372 anni.
Io ricorderò la serata in questione per parecchio tempo e non perché sia un’astrofila.
E’ stata la mia prima volta da Gennaro Esposito.
Il mio rapporto con la cucina di Gennaro Esposito è un rapporto di grande amore, di un grande amore assolutamene platonico, però. Almeno sino al 21 dicembre.
Conoscevo Gennaro e mi era piaciuto subito: schietto, sincero e concreto, ho studiato la sua cucina, l’ho seguita, mi sono inebriata dei racconti degli amici che l’avevano mangiata, sono stata alla sua Festa a Vico.
Insomma, sulla fiducia era uno dei miei 2 chef del cuore, ventricolo destro e ventricolo sinistro equamente divisi tra Massimo Bottura e Gennaro Esposito, il sogno il primo e la realtà il secondo.
Gli amori platonici però sono molto pericolosi, tu puoi farti dei grandi film, immaginarti chissà cosa e poi può arrivarti una tegola in testa a farti drasticamente precipitare sulla terra.
Sappiate che la tegola in testa non è arrivata, anzi.
Tutte quelle che erano le mie aspettative sono state abbondantemente rispettate.
Alla Torre del Saracino di Seiano ho trovato i sapori della mia infanzia, della mia terra, che magistralmente accostati sono diventati qualcosa di assolutamente nuovo per me e di mai assaggiato prima.
Penso al sorprendente palamito con acqua di pomodoro, gelatina di ostriche e melanzane alla scapece, penso commossa alle tagliatelle con polpa di ricci, broccoli e calamari, penso al miglior babà della mia vita, quello di Vittoria, non so se riuscirò a mangiarne altri dopo aver assaporato questa piuma.


E poi ho trovato equilibrio ed armonia, sapori perfettamente combinati ed affiatati, sapori fusi in un tutt'uno armonico.
Penso all'uovo con la cipolla caramellata su fonduta di provolone del monaco e tartufo bianco d'Alba, forse in assoluto il mio piatto preferito nonostante non sia una grande appassionata di tartufi, penso alla passeggiata vicana, il famoso dessert a base di limoni, noci, olio e sale, l'ideatore di questo dessert non può che essere un poeta.


Potrei continuare elencandovi i piatti che ho mangiato ancora, sì, la mia cena è stata particolarmente ricca, invece vi elencherò tutti i piatti che vorrei ancora assaggiare: il risotto con cuore di bue, limone confit e calamari ripieni di provola, la sua famigerata minestra di pasta mista con crostacei e pesci di scoglio, la zeppola di coniglio, la pluri imitata parmigiana di pesce bandiera.
Insomma mi toccherà tornare più e più volte alla Torre del Saracino per placare tutte le mie curiosità.


Ma Gennaro non è solo un grande chef, è anche una persona affabile e simpatica, un curioso ed amabile conversatore che dopo una cena di livello eccelso sa accoglierti con grande semplicità e garbo nella sua sala da meditazione, la torre adiacente al ristorante, splendidamente restaurata, munita di grandioso impianto stereo, per continuare la serata sulle note di Ivano Fossati chiacchierando di panettoni, lievito madre e festa a Vico.
Ora non mi resta che attendere con ansia Identità Golose dove Gennaro sarà uno dei relatori

tre generazioni con le mani in pasta in casa Cupiello

giovedì 23 dicembre 2010

Pubblicato da Lydia 36 commenti


Non so se i non partenopei conoscano a menadito "Natale in casa Cupiello" di Eduardo (per noi De Filippo è uno di famiglia e lo chiamiamo Eduardo e basta), ma so perfettamente che i campani sanno bene di cosa parlo.
In tutta la commedia c'è una domanda ricorrente ed insistente che il padre Lucariello (Eduardo) pone al figlio Nennillo (Luca De Filippo, nella versione tradizionale): "te piace o' presep?".
E la risposta del figlio infastidito è ostinatamente ed ottusamente "NO".
Ecco, io con gli struffoli sono un po' il Nennillo della situazione.
A me gli struffoli non piacciono e quindi non li faccio mai, a dire il vero lo stesso vale anche per la pastiera, ma questa è un'altra storia.
Il problema è che a Napoli gli struffoli sono una tradizione, come il presepe. Non c'è Natale degno di tale nome in cui non ci siano almeno 4 o 5 tipi di struffoli sulla tavola, e la tradizione vuole (un po' come avviene per la pastiera a Pasqua) che si assaggino tutti e che si facciano commenti e comparazioni.
Sono troppo piccoli, poco croccanti, poco miele, troppi diavulilli, qui c'è il lievito, insomma per qualche giorno a Napoli ci si trasforma tutti in massimi esperti e critici severissimi di struffoli.
Sapete un po' come quando gioca la nazionale di calcio e 60 milioni di italiani vivono tutti il loro momento da commissario tecnico.
Quest'anno, quindi, non ho potito dire NO a mia nonna e ben 3 generazioni, sotto lo sguardo divertito di una quarta, hanno impastato, fritto e "immielato" e per una volta Nennillo si è visto costretto a rispondere "Si, me piace 'o presep".


Ora, dopo tutto questo papiello, immagino vi aspettiate la ricetta di mia nonna.
Beh, per quest'anno purtroppo no, perchè sono proprio una nipote sciagurata e disgraziata oltre che degenere, il quaderno di ricette di mia nonna è ancora imballato nei miei scatoloni, dovrete quindi accontentarvi dell'ottima ricetta della mia amica Mariella.
Per quelli di mia nonna, voi dovrete aspettare 12 mesi, ed io dovrò dire "a me me piace 'o presep'" anche l'anno prossimo!!!


STRUFFOLI MARIELLA
Farina 500 g
Uova 5 piccole
Burro 1 noce
Zucchero 1 cucchiaio
Strega 1 cucchiaio
Buccia grattugiata di 1 arancia
Sale 1 cucchiaino
Olio di arachidi 1 lt
Miele 300 g.
Zucchero 100 g
Arancia candita a dadini 200 g
Confettini colorati (altrimenti detti diavulilli a Napoli)

Impastare la farina con le uova, il burro, lo zucchero, la strega, la buccia di arancia e il sale.
Riposare l'impasto coperto 1 ora circa.
Formare con l'impasto dei cordoncini sottili (tenete presente che gli struffoli si gonfiano nell'olio), e tagliarne dei pezzettini grandi quanto un'arachide.
Friggere in abbondante olio e mettere ad asciugare su carta assorbente.
Sciogliere sul fuoco il miele e lo zucchero con un un paio di cucchiai di acqua e i canditi, aggiungere gli struffoli fritti e rigirarli, in modo da rivestirli ben bene di miele.
Metterli nei vassoi e decorarli con i confettini



Per altri struffoli ed altra nonna date uno sguarda a Dada.

A proposito, quasi dimenticavo le buone maniere, un felice Natale a tutti

regali dell'ultim'ora

lunedì 20 dicembre 2010

Pubblicato da Lydia 27 commenti


Questa ricetta è un pezzo di storia.
E' una ricetta di non so più quanti anni fa della mia amica carissima Elena Di Giovanni, un tempo anima del vecchio e glorioso forum della cucina italiana, quello degli albori, quello in cui un gruppo di pionieri del web (io vi sto parlando di più di 10 anni fa) si incontrava, si confronatava e si scambiava opinioni e consigli spassionati e disinteressati, lì molti di noi sono nati culinariamente parlando, si sono conosciuti e sono anche diventati amici.
Tornando alla ricetta, si tratta di una crema spalmabile cioccolato bianco e mandorle (una nutella bianca per dirla molto volgarmente), ottima idea per pensierini natalizi mangerecci, io ho apportato un paio di piccolissime modifiche alla ricetta originale: l'aggiunta di una bella grattata di buccia d'arancia e il temperaggio.
Per evitare risultati stucchevoli vi consiglio di usare un ottimo cioccolato bianco: ivoire di valrhona, oppure un lindt, insomma evitate quelli dolcissimi e stucchevoli, rovinerebbero tutto.

Se doveste essere interessati ad un'altra crema spalmabile, vi consiglio questa all'olio e sale di Luca Mannori: la guerra!!!


CREMA SPALMABILE AL CIOCCOLATO BIANCO MANDORLE E ARANCIA

INGREDIENTI:
200 g di cioccolato bianco di ottima qualità
120 gr di mandorle (io ho usato le pizzute di avola)
90 gr di zucchero
90 ml di olio di riso
160 ml di latte intero
un cucchiaino di fecola
buccia d'arancia grattugiata o qualche goccia di essenza d'arancia.

PREPARAZIONE:
Dopo averle tostate in forno brevemente e fatte freddare, tritare finemente le mandorle, riducendole in polvere finissima con lo zucchero. Mettere da parte e tritare anche il cioccolato bianco.
Riunire mandorle, zucchero e cioccolato finemente tritati in una piccola pentola antiaderente, aggiungere l'olio e il latte e far cuocere a fuoco dolcissimo. Poiché non si dovrebbero superare i 60 gradi, sarebbe opportuno usare un termometro a sonda e procedere all’addensamento togliendo dalla fiamma la pentolina, girando, facendo leggermente freddare e tornando poi sulla fiamma. Il tutto, per circa 10-15 minuti, fino al raggiungimento di una consistenza accettabile (si consideri che la consistenza aumenta con il raffreddamento del composto, dopo circa un’ora).
Aggiungere un'arancia grattugiata o qualche goccia di essenza di arancia.
Se il composto dovesse risultare visibilmente troppo liquido, aggiungere un cucchiaino di fecola da un setaccino e continuare a cuocere per un minuto.
Versare in vasetti e chiudere ermeticamente.

Io, per dare una maggiore stabilità alla crema, l'ho temperata. Appena pronta ho immerso il tegame in acqua ghiacciata e ho portato il composto a 26° circa per poi riportarlo velocemente a 28° ed invasarlo

un diplomatico romano in trasferta a Milano

giovedì 16 dicembre 2010

Pubblicato da Lydia 28 commenti

Immaginate di essere invitati a cena in pieno centro a Milano e di mangiare una cucina romana raffinatamente rivisitata, immaginate di mangiare un dolce che vi conquista e immaginate di pensare di volerlo fare a tutti i costi perchè ha il caramello e il cioccolato, che sono le cose che vi piacciono di più, e immaginate di ricevere in dono il libro dello chef romano in cui è contenuta la ricetta del dessert in questione.
Voi cosa fareste?
Vi dico cosa ho fatto io, il giorno dopo a casa mi sono messa ai fornelli e l'ho riprodotto.
Sono stata ospite di Paolo Marchi alla cena di Identità Golose con Antonello Colonna alla Brisa di Milano e questo diplomatico al cioccolato con caramello salato è stata la ciliegina sulla torta.
Ispirato a "I segreti della cucina italiana" di Antonello Colonna ecco a voi il dessert incriminato.


DIPLOMATICO CREMA E CIOCCOLATO, CARAMELLO AL SALE

Ingredienti per 2 persone

pasta fillo 2 fogli
burro 50 g.
cacao amaro 50 g.
zucchero tipo zefiro

Per la crema pasticcera
250 ml di latte fresco intero
3 tuorli
80 g. di zucchero
30 g. di farina
buccia di 1 arancia

Fate bollire il latte con la buccia dell'arancia, nel frattempo mescolate i tuorli con lo zucchero, aggiungete la farina continuando a mescolare e in ultimo il latte a filo.
Mettete sul fuoco e portate ad ebollizione senza mai smettere di mescolare.
Fate raffreddare

Per la mousse al cioccolato
1 tuorlo
20 g. di zucchero al velo
100 g. di cioccolato fondente al 65%
panna fresca 100 g.

Sciogliete il cioccolato fondente ed unite lo zucchero al velo, poi il tuorlo.
Montate la panna ed unitela al composto raffreddato.
Lasciate in frigo qualche ora

Per il caramello
zucchero 200 g.
panna fresca 200 g.
fleur de sel 1 cucchiaino

Mettete in un tegamino dal fondo spesso lo zucchero ben distribuito facendo attenzione che non ci siano grumi, accendete il fuoco e aspettate che si formi un caramello biondo muovendo ogni tanto il tegame, fate bollire la panna in un altro contenitore, aggiungetela al caramello e mescolate velocemente (attenzione che frigge tutto).
Solo quando la salsa al caramello si sarà leggermente raffreddata mettete il sale.

Ritagliate dei quadrati di media grandezza di pasta fillo (sovrapponendo i 2 fogli).
In un pentolino sciogliete il burro ed aggiungete il cacao amaro, con un pennello spennellate i riquadri di pasta fillo (avendo cura di spennellare anche tra un foglio e l'altro di pasta), spolverizzateli con lo zucchero tipo zefiro ed infornaleti al 160° fino a quando non si cuociono (più o meno una decina di minuti).

Montate il diplomatico alternando i fogli di pasta fillo alla crema e alla mousse, accompagnate con la salsa al caramello

bisogna saper osare, ovvero come complicarsi la vita

lunedì 13 dicembre 2010

Pubblicato da Lydia 46 commenti


Ero certa che questo post si sarebbe intitolato "cronaca di una morte annunciata", e invece, incredibile a credersi, la morte annunciata è mestamente tornata da dove è venuta.
In questo clima di pandori e panettoni non potevo essere da meno, e così ho deciso di tentare un'impresa un po' ardita, ai limiti dell'impossibile: panettone integrale con zucchero di canna, fichi secchi e noci.
Mi sono consultata con Roberto che mi ha dato qualche saggio e provvidenziale consiglio, ho seguito in gran parte la sua ricetta, ho pregato tanto, ho fatto appello a tutta la pazienza che non ho, ho incrociato l'incrociabile, e il panettone quasi come per magia si è materializzato in tutto il suo splendore.
Ora però lasciatemi dare un nome a questo panettone, lo voglio chiamare panettone Dattilo.
Dattilo era il cognome di mia nonna, la nonna di cui fieramente porto il nome, quella a cui assomiglio in molte cose e in tante altre ancora vorrei assomigliare, quella che se fosse ancora viva metterebbe insieme a me lo smalto turbofigo, quella che faceva le polpette con tanto pane come piacciono a mio padre e a me, e la ricotta montata con il cacao come piaceva a mio fratello.
Dattilo è anche il cognome dei miei cugini che oramai da 3 generazioni, ma ci avviamo verso la quarta, hanno un'azienda di importazione, produzione e distribuzione di frutta secca.
Da bambina entrare in quegli immensi depositi pieni fino al soffitto di sacchi stracolmi di ogni ben di Dio era una festa, stringevo la mano di mia nonna e passeggiavo inebriata tra arachidi, noci, fichi secchi, datteri, mandorle e nocciole.
Ecco perchè sentire il profumo della frutta secca mi fa sempre il bellissimo effetto di tornare indietro di almeno 30 anni e di ripensare a mia nonna.
Ecco perchè questo panettone con noci e fichi secchi non ho potuto non dedicarlo a quella parte della mia famiglia che ogni anno a Natale è parzialmente responsabile del mio incremento ponderale.

Sentimentalismi e campanilismi a parte il risultato è soddisfacente ma perfettibile, avrei dovuto cuocerlo un cicinino in più, abbondare con la buccia di arancia per aromatizzare l'impasto e mi sarei dovuta ricordare di farlo raffreddare a testa in giù.


Questa la ricetta:

PANETTONE DATTILO con farina integrale, zucchero di canna, fichi secchi ed uvetta

per 2 panettoni da 700 grammi

320 g.di lievito madre bello arzillo
100 g. di farina integrale (io ho usato la rieper integrale)
400 g. di farina di forza (io ho usato la rieper gialla)
125 g. di acqua a temperatura ambiente
230 g. di zucchero di canna
150 g. di tuorli
125 g. di burro a temperatura ambiente (più quello necessario per ungersi le mani)
10 g. di sale
100 g. di fichi secchi tagliati a pezzetti piccoli e messi ad ammorbidire in acqua e rum
100 g. di noci a pezzetti
buccia di 2 arance grattugiate
estratto di vaniglia

Spezzettate il lievito madre e fare assorbire lentamente acqua e farine in impastatrice per 5/10 minuti.
L'impasto risulterà bello duro.

Nel frattempo in un tegame a bagnomaria montate i tuorli con lo zucchero di canna per circa 5 minuti (in questo modo lo zucchero si sarà in parte sciolto).
Cominciate ad aggiungere lentamente le uova con lo zucchero nell'impasto.
Io l'ho fatto in 5 riprese, aggiungendo una cucchiata di uova solo quando la precedente è stata ben assorbita dall'impasto.
Ricordatevi di tenere la potenza dell'impastatrice piuttosto bassa per evitare che la grana grossa della farina integrale possano rompere la maglia glutinica.

Dopo aver aggiunto tutti i tuorli cominciate ad aggiungere il burro a temperatura ambiente, in 3 o 4 volte aggiungendone di nuovo solo quando quello precedente sarà stato assorbito.
Aggiungete il sale, la buccia dell'arancia e l'essenza di vaniglia e fate andare la macchina fino a quando il vostro impasto sarà bello incordato ed elastico.

A questo punto mettete l'impasto a riposare per almeno 3/4 ore su un piano, ricordandovi di ungere bene la supeficie massaggiandola con le mani ben unte di burro.

Dopo il periodo di riposo appiattire l'impasto, mettere i fichi secchi ben scolati dall'acqua e rum e le noci a pezzetti, chiudere i lembi dell'impasto, mettere i lembi sotto e con i palmi delle mani di taglio (sempre ben unte di burro) arrotondate la pagnotta.

Con l'aiuto di una spatola dividere l'impasto in 2, ungetelo con le mani ben imburrate e fate riposare circa 4 ore ricordandovi di arrotondare i panetti con le mani unte ogni mezz'ora circa.

Mettete i panettoni nelle forme di carta poggiate su una teglia da forno e aspettate che crescano fino all'orlo avendo cura di tenerle in un luogo caldo (occorreranno circa 16/17 ore). Controllate che la superficie dei panettoni sia sempre umida ed eventualmente vaporizzate con acqua.

Infornate a 150° avendo cura di vaporizzare con acqua i panettoni, e proseguite la cottura per almeno 50 minuti.

Estraete i panettoni dal forno e capovolgeteli a testa in giù sospendendoli fra due sedie ed infilando alla loro base due stecconi di legno.


Vorrei rincuorare chi ci legge annunciando ufficialmente che con oggi la carrellata di lievitati natalizi è finalmente conclusa!!!

All'inseguimento della pietra verde...

giovedì 9 dicembre 2010

Pubblicato da robertopotito 47 commenti


Un paio di mie amiche mi prendono costantemente in giro per la mia pressocché indomita ossessione per il panettone.
Purtroppo, non capiscono che per coloro che amano panificare il panettone rappresenta una specie di punto di arrivo, di realizzazione assoluta del proprio amore incondizionato per tale arte.
Ogni anno mi chiedono - oramai rassegnate e quasi con occhi supplicanti -:" ma questa sarà la versione definitiva?" ed io rispondo, cercando di rassicurarle: " Sì assolutamente sì".
Questa volta nelle mie varie sperimentazioni, mi sono lasciato tentare da un lievito naturale il cui ceppo principale era costituito da fermenti di papaya e meringa italiana, risultato: quasi fallimentare...Non preoccupatevi, non ve la sottopongo nemmeno.
Mi piace provare, intraprendere nuove strade sospinto dalla illusoria fantasia che magari potrei un giorno riuscire ad approdare alla ricetta che consenta di realizzare un panettone morbido, fragrante, insomma stupendo, magari in un paio di ore compresa la cottura.
Comunque, ecco la ricetta quella sulla quale mi sento di garantire la riuscita...

Rispetto alla precedente ho apportato qualche piccola modifica...

PANETTONE

Ingredienti

650 g di lievito naturale maturo
oppure per la biga:
250 g di acqua a temperatura ambiente
20 g di lievito di birra fresco
400 g di farina 0 forte (w>330)

Preparate la biga senza maneggiarla troppo e fate riposare al coperto per 8/10 ore.

Impasto finale
650 g di lievito naturale
oppure
650 g di biga
250 g di acqua a temperatura ambiente
250 g di zucchero semolato
20 g di sale
300 g di tuorli
250 g di burro morbido
1 kg di farina 0 forte (w>330)
400 g di uva sultanina
200 g di cedro e arancia canditi

ESECUZIONE

Innanzitutto assicuratevi di avere a vostra disposizione una giornata tutta quanta per voi. Accompagnate i bambini a scuola e prendete accordi affinché qualcun altro li vada a prendere al termine delle lezioni, portate a spasso il cane e fate in modo che qualcun altro provveda a lui per il resto della giornata, date da mangiare a sufficienza al gatto per tutta la giornata, salutate parenti ed amici e date loro appuntamento al giorno successivo affinché non vi disturbino nel corso della giornata dedicata al panettone e così via...

Allora, cominciamo:

Date un'occhiata al vostro lievito madre e se lo vedete leggermente avvilito, dategli una rinfrescata affinché possa duplicare il proprio volume al massimo in tre ore.
Se avete preparato la biga, non cedete alla tentazione di aggiungervi altro lievito di birra per accelerare i tempi di lievitazione, ve ne pentirete amaramente.

Prendete il lievito naturale o biga e spezzetatelo nella farina, aggiungetevi l'acqua a temperatura ambiente assieme allo zucchero e cominciate ad intridere gli elementi.

Non fatevi tentare dall'aggiungere subito i tuorli anche se noterete in questa fase iniziale che l'impasto si presenterà molto duro, non importa!
Continuate ad intridere la farina con il lievito madre o biga assieme all'acqua e allo zucchero per almeno cinque minuti.

Solo adesso, potrete aggiungere i tuorli d'uovo che andranno incorporati in tre riprese, quindi, non mettete altri tuorli a meno che i precedenti non siano stati ben assorbiti dall'impasto.

Abbiate pazienza, ma già dopo avere aggiunto i tuorli nella terza ripresa, noterete che l'impasto comincerà ad assumere una consistenza notevolmente elastica ed é proprio questo il segno che siete sulla giusta strada, se così non fosse buttate via tutto e lasciate perdere per questo anno.

Solo adesso potete aggiungere il burro anch'esso in tre riprese: quindi, non aggiungete altro burro fino a quando il precedente non sarà stato adegutamente incorporato dall'impasto.
Al termine di questa operazione, noterete che il vostro impasto si presenterà molto elastico e ben estensibile.

Ora, aggiungete la buccia di un intero limone e di una intera arancia grattugiati assieme al sale ed impastate energicamente fino a quando il vostro impasto avrà raggiunto uno stato di assoluta grazia: dovrà essere elastico, estensibile e presentarsi sottile e setoso alla "prova finestra".


Se così non fosse, continuate ad impastare per altri quindici minuti e ripetete la prova, se non avrete ottenuto i risultati sperati, buttate tutto e lasciate perdere per questo anno.

A questo punto, il vostro impasto é pronto per il cosìddetto riposo in pasta, ossia: prendete il vostro impasto, ungetelo abbondantemente con del burro e mettetelo su di un tavolo di legno o altra superficie di lavoro e fatelo riposare per almeno due ore: dovrà raddoppiare il proprio volume: e molto probabilmente produrrà delle meravigliose, graziose bollicine che non scoppieranno vista la notevole robustezza della rete glutinica che si sarà prodotta nel corso dell'impastamento.


Al termine del riposo in pasta, ripredente l'impasto ed incorporatevi i canditi e l'uvetta che avrete precedentemente messo a bagno in acqua leggermente tiepida.

Fate questa operazione molto delicatamente e cercate di evitare che la frutta fuoriesca eccessivamente dalla superficie esterna della pasta ( considero un vero peccato quel sapore di bruciaticcio che si crea dopo la cottura proprio per l'eccessiva quantità di uvetta che esce dall'impasto).


Porzionate l'impasto almeno in tre parti: una da circa 1 kg e le altre due da circa 700 g.
Imburrate nuovamente con molta delicatezza ed arrotondate ciascuna parte.
Fate riposare su di un tavolo di legno per circa un'ora e mezza: ogni trenta minuti arrotondate delicatamente ciascun futuro panettone.


Noterete con piacere che le vostre creature cominceranno a vivere di vita propria, cominceranno ad aprire gli occhietti, vi guarderanno e cominceranno a muovere i primi passi.

Al termine dell'ora e mezza, mettete i vostri panettoni nelle forme (fondelli) e fate riposare fino a quando non avranno raggiunto il bordo dello stampo.


Se avrete eseguito correttamente tutte le varie fasi della lavorazione, non avrete bisogno di inumidire la superficie dei panettoni nel corso dell' ultima lievitazione nelle forme. Altrimenti, dovrete vaporizzarne la superficie con acqua diverse volte nel corso della lievitazione finale.

Nel frattempo, preriscaldate il forno a 180° e prima di infornare, vaporizzate i panettoni con acqua.

Proseguite nella cottura per circa 40/50 minuti fino a completa cottura.
Estraete i panettoni dal forno e capovolgeteli a testa in giù sospendendoli fra due sedie ed infilando alla loro base due stecconi di legno.

Quanto durano? Se dopo il totale raffreddamento, li porrete in sacchetti per uso alimentare e se sono stati preparati con un buon lievito madre, si conserveranno per circa tre settimane; se avrete utilizzato la biga con lievito di birra, la loro durata sarà minore (circa una settimana se ben conservati)


No free meals (pandoro e niente scuse)

lunedì 6 dicembre 2010

Pubblicato da robertopotito 39 commenti


Amo preparare questo dolce natalizio.Mi piace goderne la particolare consistenza dell'impasto mentre viene lavorato ed inebriarmi del buon profumo del burro che affiora mentre viene sfogliato...

Ma che poeta!!! direte voi ... certo poeta, ma la parte più complessa, che é a mio avviso la sfogliatura, mi riporta ogni volta alla dura realtà.

In effetti, la sfogliatura in questo particolare caso richiede molta attenzione e precisione pressocché certosina, nel senso che se anche una sola particella di burro fuoriesce, il risultato al termine della cottura può venirne in parte compromesso, sia dal punto di vista estetico che dal punto di vista del sapore.

Il pandoro é un dolce dal sapore estremamente delicato nel quale il burro non deve emergere in maniera incontrastata, ma deve essere una componente complementare di un insieme di profumi e di sapori ben equilibrati. Se il burro fuoriesce, avvertirete un leggero sapore acidulo e di bruciaticcio che niente avrebbe a che vedere con il vero pandoro.

Bene, avrete capito che la realizzazione di un buon pandoro altro non rappresenta che la creazione di un autentico ed assoluto momento di estasi...
Quindi non indugiate nelle giustificazioni auto assolventi, mi spiace, niente "ma" e niente "se" questa volta solo perfezione e basta...

Dopo queste paroline di incoraggiamento passiamo alla ricetta.

Se invece volete semplificarvi la vita vi suggerisco questa ricetta



PANDORO

Ingredienti per la biga:

100 g di farina forte (w tra 330 e 400)
15 g di lievito di birra
75 g di acqua a temperatura ambiente
Ingredienti per l'impasto finale:

125 g di farina debole
225 g di farina forte (w tra 330 e 400)
3 tuorli (60 g circa)
3 uova intere(circa 180 g pesate con il guscio)
35 g di burro morbido di ottima qualità (altrimenti lasciate perdere)
100 g di zucchero a velo possibilmente non vanigliato

1 pizzico di sale

estratto naturale di vaniglia


Ingredienti per la sfogliatura:

250 g di burro di ottima qualità
35 g di farina debole


Innanzitutto preparate la biga: non lavoratela troppo, mettetela in una ciotola capiente, copritela con pellicola trasparente e fatela riposare a temperatura ambiente per almeno 8/10 ore.

Il mattino successivo, riprendete la biga ed aggiungetevi le due farine ben setacciate ed intridete per bene. Aggiungete almeno in due riprese le uova (che dovranno essere anch'esse a temperatura ambiente), non incorporate le successive se le precedenti non saranno state incorporate per bene dall'impasto. Unite il sale e l'estratto di vaniglia. A questo punto, l'impasto dovrebbe cominciare ad assumere una consistenza leggermente elastica e solo adesso incorporate il burro (35 g). Lavorate con pazienza ed ostinazione fino a quando il burro non sarà stato ben assorbito ed avrete innanzi ai vostri increduli occhi e mani un impasto elastico, estensibile di almeno una quindicina di centimetri senza che si rompa.

Se ciò non dovesse avvenire, impastate ancora per circa un quarto d'ora senza interruzioni di alcun tipo. Rifate la prova e se non accade nulla, lasciate perdere per quest'anno, non é cosa, scendete sotto casa e compratevi un pandoro qualunque...

A questo punto, il vostro impasto é pronto per il riposo in ciotola; imburratene leggermente una che sia alquanto capiente, ponetevi il vostro impasto, copritelo con della pellicola e fatelo lievitare fino al raddoppio del volume (circa 3 ore).

Trascorse circa due ore dal riposo dell'impasto, se notate che sta crescendo, preparatevi per la sfogliatura:

Prendete il burro dal frigorifero, tagliatelo a cubetti non troppo piccoli (circa 3 cm) ed intrideteli con la farina. Mettete il tutto in un sacchetto per la congelazione che chiuderete bene e cominciate a batterlo con il mattarello fino a quando avrete ottenuto una specie di composto piatto (mi raccomando non riducete il burro a pomata: errore fatale, imperdonabile!!)

Riponete il sacchetto con il burro "martoriato" nella parte meno fredda del frigorifero ed estraetelo solo qualche minuto prima di iniziare la sfogliatura.

Prendete il vostro impasto e delicatamente, molto delicatamente stendetelo con il mattarello imprimendo il minimo della forza necessaria fino ad ottenere un rettangolo dello spessore di circa 3 cm.


Estraete il burro dal frigorifero e dal sacchetto e ponetelo al centro dell'impasto, ripiegatelo su se stesso ottenendo tre strati sovrapposti e stendetelo delicatamente, molto delicatamente.

Effetuate 3 giri facendo riposare la pasta 20 minuti circa nella parte meno fredda del frigorifero prima di effettuare il giro successivo.

Evitate che durante l'operazione di sfogliatura, il burro fuoriesca, evitatelo nella maniera più assoluta.
Dopo il terzo giro, ponete il vostro impasto nello stampo ben imburrato ed infarinato.
Ponetelo in un luogo nel quale la temperatura si mantenga stabile attorno ai 26 gradi circa fino a quando non avrà oltrepassato i limiti del bordo di almeno un paio di centimetri.


LA COTTURA

A questo punto é pronto per la cottura; mettelo in forno non preriscaldato alla temperatura di circa 155° e proseguite nella cottura (circa 40 minuti) fino a quando infilando uno steccone di legno quest'ultimo non ne uscirà completamente asciutto.
Nel corso della cottura, potrete vaporizzare le pareti del forno con qualche spruzzatina di acqua all'inizio e alla metà della cottura.

IL RAFFREDDAMENTO

Estraete il pandoro dal forno ed attendete almeno un'ora prima di estrarlo dallo stampo affinchè l'umidità ( o acqua liberaW) possa essere in parte assorbita dal pandoro.Tale accorgimento allungherà la vita del vostro amato pandoro di qualche giorno.

A raffreddamento ultimato, ponetelo in un sacchetto di cellophane per uso alimentare per mantenerne la fragranza.

il segno di una perfetta integrazione

venerdì 3 dicembre 2010

Pubblicato da Lydia 38 commenti

Un napoletano può considerarsi perfettamente integrato a Milano quando:
  • alla cassa del supermercato non chiede più una busta per riporre la spesa, ma un sacchetto;
  • il ponte dell'8 dicembre non è più il ponte dell'Immacolata ma quello di Sant'Ambrogio;
  • sostiene sia un inferno parcheggiare quando ha dovuto fare un solo giro dell'isolato per trovare un posto per l'auto;
  • pur mantenendo il suo forte accento del sud, comincia a troncare le parole e ad uscire la sera per un ape;
  • al bar a colazione accanto al cappuccino chiede una brioche e non un cornetto;
  • pensa che ad 8 gradi centigradi non faccia poi così tanto freddo;
  • nella sua borsa non mancano mai guanti e cappello da pioggia;
  • cucina sempre più spesso risotti.
N.B. La settimana prossima vi lascio interamente nelle mani di Roberto con pandoro e panettone.

N.B.2 Ricordo a chi fosse a Roma domani 4 dicembre, il mercatino di natale alla Chiesa Valdese



RISOTTO PARMIGIANO E NOCCIOLE TONDE DI GIFFONI CON RIDUZIONE DI VINO ROSSO

Per la riduzione di vino rosso
1/2 lt di vino rosso corposo
2 cucchiai di miele
1 rametto di rosmarino

Mettere vino, miele e rosmarino in un pentolino sul fuoco e far ridurre il liquido di almeno la metà

Per il risotto
per 2 persone
200 g. di riso carnaroli
1 scalogno
burro
40 g. di parmigiano
brodo vegetale leggero
40 g. di nocciole tostate (io ho usato le tonde di Giffoni)

Affettare lo scalogno e metterlo in un tegame con una noce di burro, farlo appassire aggiungendo se necessario un mestolino di acqua calda o di brodo vegetale leggero.
Aggiungere il riso e farlo tostare, aggiungere lentamente il brodo vegetale e portare a cottura.
Mantecare con una noce di burro e parmigiano, aggiungere le nocciole tostate tritate grossolanamente e la riduzione di vino rosso.


Con questo post partecipo al Contest Nocciola Day

maledetti polpi

mercoledì 1 dicembre 2010

Pubblicato da Lydia 38 commenti

Siete avvisati, post lungo forse noioso, consigliato solo a chi ha 5 minuti da perdere...

Erano circa 4 mesi che avevo voglia di polpo.
Da quando cioè ad agosto avevo lasciato la Grecia e i suoi polpi poetici e svolazzanti, quelli messi ad essiccare al sole e al vento, da cui non può non rimanere affascinato ed incuriosito chi posa il piede su suolo greco.
Trovandomi a Milano, dove stranamente di polpi svolazzanti e fluttuanti pescati da barbuti ed abbronzati pescatori greci non c'è neanche l'ombra, mi sono dovuta accontentare di un volgare e per nulla poetico polpo da supermercato meneghino: il Paolino (cugino meno noto del fu Paul).
Errore, gravissimo errore.
L'anima fluttuante del cefalopode ellade Παύλος (altro parente del fu Paul) deve essersela presa sul serio per il crudele tradimento e deve aver scatenato contro di me la terribile Ursula in persona, la polpessa strega del mare di sirenettiana memoria.
Bene avrei fatto, me tapina, a prendere un volo per Mykonos e andare direttamente dal pescatore barbuto e abbronzato.
Quando ho tirato fuori dal forno il mio delizioso tegame in coccio smaltato con coperchio di Vietri , pieno dei miei succulenti polpi, non greci ma meneghini, con cipolle giarattane e aceto bianco, dopo averlo appoggiato con amorevole cura sul fornello (spento ovcors) mi si è inspiegabilmente rotto in due perfette metà: un'unica lunga inesorabile frattura. Il liquido fuoriuscito ha bagnato l'accensore piezoelettrico dei fornelli che ha mandato in corto circuito l'impianto che mi ha quindi lasciato senza elettricità (che significa anche senza riscaldamento, senza telefono, senza adsl, senza acqua calda) per svariate ore.
Ho appreso con gioia in quest'occasione che l'accensore piezoelettrico altri non è che quel pulsantino accanto alla manopola del gas che attraverso degli impulsi elettrici fa accendere il fornello.
La poderosa squadra composta da ben 3 luminari elettricisti arrivata in mio soccorso dopo innumerevoli chiamate e tentativi, dopo aver a lungo e minuziosamente esaminato il complicato ed intrigato caso e dopo svariate consultazioni, ha deciso che staccare la spina del piezoelettrico incriminato, origine del maledetto corto circuito, potesse essere la soluzione a tutti i miei problemi, stabilendo che il gas potevo anche accenderlo con un volgarissimo accendino.
Pur di riacquistare luce, calore e contatti con il mondo ho valutato che a me del piezoelettrico non importava assolutamente nulla e che quindi poteva anche andarsene a quel paese.
Tutto è bene quel che finisce bene, direte voi.
Se non fosse che dopo qualche ora provando ad accendere il forno, mi sono accorta che i 3 signori elettricisti luminari delle termocoppie, delle termovalvole e di chissàchealtro avevano staccato anche la spina del forno.
Proprio il forno capite? Quell'elettrodomestico senza cui io non posso vivere, la più grande iattura mi potesse capitare.
Ora in prossimità delle feste sono da un giorno senza forno, vi prego, che qualcuno venga ad aiutarmi a tirarlo fuori dal suo alloggiamento (vi avverto che pesa un tot) e a rimettere a posto la spina, se non volete vedermi impiccata e svolazzante come un cefalopode greco originale.

Dopo tutto questo interminabile pippozzo immagino vogliate sapere come erano questi benedetti polpi in forno con cipolle e aceto.
Devo dire che quel poco che sono riuscita a salvare era davvero molto buono, saporito e tenero, tutto merito di quel bellissimo tegame di coccio smaltato che ora non ho più.


POLPO IN FORNO CON CIPOLLE E ACETO

per 2/3 persone
300 g. di polpo
300 g. di cipolle (io ho usato le giarattane)
1 spicchio d'aglio
olio
2 cucchiai di aceto bianco
acqua

Pulite il polpo e tagliarlo a pezzi grossi, pulite la cipolla e affettatela.
Prendete un tegame di coccio con il coperchio e metteteci un filo d'olio extra vergine d'oliva, il polpo, le cipolle, l'aglio, l'aceto e 1 dito d'acqua. Tagliate un foglio di carta forno di dimensioni tali da poterlo mettere tra il coperchio e il tegame ed infornate a 170° per circa 2 ore e 1/2.
Controllate a metà cottura che non sia troppo secco, in caso contrario aggiungete pochissimo liquido (a me non è servito).
Il foglio di carta servirà a bloccare e trattenere il vapore acqueo che si creerà nel tegame.

Questo quanto è rimasto del polpo, fotografato di fretta e furia in attesa dell'arrivo dei signori luminari